Tre buone notizie, più una. La prima buona notizia: Mihajlovic è stato dimesso, è tornato a casa, è pronto a riabbracciare la squadra, domenica sarà in panchina a Venezia. La seconda buona notizia: il Bologna è imbattuto da sei partite, striscia di 10 punti che l’ha visto pareggiare quattro volte (Milan, Juventus, Udinese e Roma) e vincere due (Sampdoria e Inter). Occhio, perché la cosa più significativa è che quattro di queste partite il Bologna le ha giocate contro quattro delle prime sei squadre in classifica, cioè contro l’élite del campionato in una fase in cui – siamo tutti uomini di mondo e ne abbiamo viste tante in questi anni – sarebbe stato più facile scansarsi, prego si accomodi, sudare e affannarsi il giusto – cioè poco – e lasciare che le cose vadano come devono andare. E’ sicuramente questo l’aspetto che rende onore al finale di campionato rossoblù, lo impreziosisce e ci restituisce l’idea di una squadra che – nonostante il momento così delicato – sta riuscendo a dare un senso al proprio percorso. Ora, per non venire meno alla buona semina di aprile, sarebbe il caso di allungare la striscia e provare a far punti con Venezia, Sassuolo e Genoa, le ultime tre tappe previste dal calendario. Chissà. Nel mentre, la terza buona notizia è aver scoperto che Denso Kasius per un’ora – il tempo in cui è rimasto in campo all’Olimpico – è sembrato davvero un prospetto su cui lavorare per il futuro. In perfetta aderenza alla propria giovane età – non ha ancora vent’anni – la caratteristica più rilevante ci è sembrata la sua temerarietà. Essere temerari nel calcio di una volta era un valore, oggi sembra un lusso. Kasius non si limita mai a fare il tic-toc previsto dal compitino tattico o dall’ordito di una trama che potremmo tutti mandare a memoria (fateci caso: le squadre di fascia media in Serie A giocano quasi tutte allo stesso modo), anzi, spesso prova ad andare fuori catalogo. Senza strafare, ma con quel pizzico di imprevedibilità che – in un calcio omologato come quello italiano – è una qualità che consola chi ama questo gioco: sarebbe bello vederlo giocare con continuità anche le prossime tre partite, così, per valutarlo e per capire se davvero l’anno prossimo può essere utile. La quarta buona notizia è in realtà la prima (il 3+1 di cui si diceva all’inizio), verniciata di ulteriore sentimento: saranno stati anche anni di alti e bassi, stagioni e campionati da pennichella, tendenti al grigio-topo in quanto a soddisfazioni tecniche e di classifica; ma una cosa è certa: comunque vada a finire questa storia – le storie iniziano e finiscono – nella prospettiva del Bologna questi sono stati – e così verranno ricordati – gli anni di Sinisa Mihajlovic, del destino che l’ha chiamato alla prova più dura proprio a Bologna, gli anni di un uomo che è stato amato – dal club, dalla gente, dai suoi giocatori, da tutti – gli anni di una squadra – città che si è riconosciuta in lui.
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