Diciamocelo chiaramente, Giovanni Sartori è una delle menti più lucide e competenti del calcio italiano. E se oggi il Bologna si gioca l’Europa, lo deve anche (e forse soprattutto) a lui. In queste settimane si parla di offerte, di corteggiamenti, di tentazioni. Ma la vera domanda è un’altra: perché Sartori dovrebbe andarsene proprio ora, quando il suo progetto sta finalmente sbocciando?
Quando il Cobra è arrivato sotto le Due Torri, molti si aspettavano un salto di qualità. Ma in pochi potevano immaginare una crescita così rapida, così solida. In due anni ha portato a Bologna un mix di talento e personalità, pescando giocatori sconosciuti ai più e trasformandoli in pezzi fondamentali dello scacchiere di Thiago Motta prima e di Vincenzo Italiano poi.
Al contrario di quello che i media nazionali si ostinano a far passare, il Bologna non è una meteora. Quello che si sta costruendo è un progetto serio, con basi forti, con una filosofia precisa: in primis giocatori con un’indole caratteriale ben connotata fatta di abnegazione al lavoro e poca attitudine alla mondanità. Poi, ma solo poi, che siano funzionali all’idea di gioco di mister Italiano. Da questi target è uscito un modello sostenibile e lungimirante, ma che necessita di continuità. E Sartori è l’uomo perfetto per portarlo avanti.
Lasciarlo ora, nel momento più promettente, per aderire a realtà senza programmazione volte unicamente al successo immediato, per ciò che abbiamo visto costruire negli anni con Chievo, Atalanta e ora Bologna, risulterebbe un controsenso. Infatti, a differenza di altre piazze più caotiche, dove il ds è spesso un bersaglio facile, Saputo ha dato a Sartori carta bianca. E lui ha risposto con i fatti, mettendo in pista una delle squadre più brillanti del campionato.
La chimica tra Sartori, Marco Di Vaio e Vincenzo Italiano è evidente. I tre parlano la stessa lingua, condividono idee, visioni, scelte. In un calcio dove spesso le tensioni tra area tecnica e panchina affossano i progetti (ogni riferimento è puramente volutto). Restare significherebbe rafforzarla ancora, consolidare un’intesa forte, per portare il Bologna a nuovi traguardi.
Infine, c’è un aspetto che va oltre il campo. Sartori è entrato nel cuore della piazza, della gente. Ha creato un rapporto silente ma vero con l’ambiente. Lui ci è entrato dalla porta principale con una conferenza stampa di presentazione clamorosamente bella, profonda, emozionante. E questa città, che vive di passione e orgoglio, ma anche di emozioni, ha bisogno di figure come lui: serie, competenti, credibili. Uomini che parlano poco e lavorano tanto. E il direttore in fatto di lavoro e dedizione alla causa non è secondo a nessuno.
Giovanni Sartori ha riportato il Bologna tra le grandi. Ma il viaggio è appena iniziato. Davanti c’è un’Europa da riconquistare, una Coppa Italia da riportare sotto le Due Torri dopo 51 anni e un gruppo da far crescere. E per farlo serve lui, il nostro architetto silenzioso. Le offerte arriveranno, è inevitabile. Ma c’è un progetto che merita di essere completato. E un popolo pronto a sostenerlo, ancora. Ah dimenticavo: ci avviamo al primo “+” su un consuntivo economico annuale. Sarà un caso?
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