Mimmo Maietta, Verona-Bologna è per te una sfida molto particolare.
“Nei miei confronti c’è stato tanto affetto da entrambe le parti e questo mi ha gratificato molto. Vuol dire che ho dato tanto e ho onorato le maglie fino alla fine, nel miglior modo possibile. Non sempre sono andato bene, ma l’impegno da parte mia non è mai mancato. La spinta dei tifosi mi spingeva ogni volta a dare il massimo anche in condizioni precarie. Con loro ho vinto tanto e anche in momenti molto difficili, ma colleziono bei ricordi. Queste due tifoserie hanno una passione sfrenata, che non scende a compromessi con altre realtà. Mi sono legato molto a loro, per come mi hanno stimato e apprezzato”. 

Torneremo ad un calcio senza protocolli, distanze e varie complicazioni?
“Questo non è calcio. Spero che tutto questo finisca al più presto, anche per evitare ulteriori problemi e vivere una vita più spensierata. Mi auguro che questa parentesi si chiuda subito e che si torna alla normalità, così come allo stadio. Chi è appassionato di sport deve riprendere in mano la propria vita. Siamo stufi di questa situazione, così come saranno stanchi tanti bambini che ne stanno pagando le conseguenze in questo momento”.

Nonostante l’ingresso della tecnologia nel calcio, ci sono più errori. Da cosa dipende? 
“Dipende dal fatto che forse la stanno usando meno. Si sta facendo troppa confusione ultimamente. Ci sono errori anche eclatanti, seppur sia umano sbagliare. Adesso però c’è la tecnologia e certe sviste non ci devono essere. Si fischia meno e forse in maniera sbagliata, ma penso che dagli errori si trarranno dei risultati positivi. Il V.A.R. è uno strumento nuovo e ci vorrà del tempo per testarlo bene. Spero sempre nella buona fede dell’errore”.

Dopo il tuo addio, pensi che il Bologna abbia avuto un difensore simile a te?
“Ogni giocatore ha il suo stile, magari in qualcosa ci si somiglia però io avevo dei pregi e dei giocatori ne hanno altri. C’è chi ha più carattere e chi ha invece più qualità importanti. A me, ad esempio, mi piaceva tanto Tomiyasu che ora è andato a fare una bella esperienza in Inghilterra. Attualmente mi piace Medel, un giocatore che ha polso e carattere. Non ha paura, imposta, combatte anche contro giocatori più forti di lui. È un difensore intelligente. Non c’è un Mimmo Maietta, ma può darsi che ce ne siano dei migliori”.

Da giocatore, cosa si nota meglio in campo rispetto agli spettatori?
“Le immagini tv non ti permettono di vedere i movimenti della difesa, di un giocatore quando non ha palla. Se devo vedere un giocatore devo farlo con i miei occhi, dal vivo, perché ci sono dinamiche lontane dalla palla che ti possono far capire tante cose che in tv non vedi. Quando ho fatto il corso da direttore sportivo, ci hanno spiegato che questo può fare la differenza a livello di scouting”.

Cosa pensi dell’operato di Mihajlovic dopo Empoli-Bologna?
“Fu una partita giocata male, una sconfitta che è valsa un cambiamento. A volte si deve fare degli stravolgimenti se le cose non vanno. Se hai giocatori che non sono da 4-2-3-1, è giusto modificare il modulo. Le ultime partite nemmeno le considero. A Cagliari sono andati senza allenarsi, non hanno meritato di perdere e arrivavano alla gara con una condizione fisica precaria. Sono stati mandati in campo dopo una settimana di stop: non capisco la scelta della Figc. La squadra ha fatto bene, ha retto un’ora poi è crollata. I punti di forza sono il palleggio, il costruire e cercare sempre il movimento giusto, ma soprattutto il gruppo. Si vede che è una squadra allenata come si deve. Gli errori tecnici ci stanno, perché sbagliano tutti. Forse la fase difensiva a volte lascia un po’ a desiderare. Contro le big ci sta giocarsela a viso aperto, ma a volte bisogna sapersi anche tutelare e capire quando devi coprirti”. 

L'Europa è ancora lontana: cosa cambieresti per arrivarci?
“Il girone di andata è stato importante. La linea è sottile e secondo me non servono grandi giocatori e acquisti. Ricordo l’Atalanta che aveva tante ambizioni e una grande mentalità, ma in squadra non c’erano grandi giocatori. Però avevano costruito un pensiero vincente. Il Bologna ha avuto la fortuna di tenere la base della squadra ed è stato importante. Crei il gruppo con i senatori che aiutano i giovani, al limite vendi 1-2 giocatori e poi fai qualche investimento, così cominci a costruire una mentalità. Invece quando c’ero io mandavano via 10-12 giocatori, rifondavano e tutto poi diventa difficile”.

Sei pro o contro i presidenti stranieri in Serie A?
“Non pensare che i presidenti italiani non facciano quello che fanno gli stranieri. Anche loro fanno business e hanno fatto un po’ perdere il bello del calcio. Non bisogna mai dimenticarsi dei tifosi. La squadra è del patron, ma il calcio è dei tifosi e non bisogna farli disinnamorare. Inoltre se un giocatore è tanto legato a un club non puoi far di tutto per mandarlo via. Si perdono le bandiere e il fascino che caratterizza questo sport”.

L’avversario più difficile che hai dovuto marcare?
“A volte il nome del calciatore ti fa giocare con più attenzione. Direi che quelli che mi davano più fastidio erano Salah e Totti o Trezeguet, tutti giocatori imprevedibili, non ti davano punti di riferimento. Invece con il bomber che stava sempre avanti facevo meno fatica, tipo Immobile o Mertens che sapevano comunque essere difficili da marcare. Ad esempio con Klose mi sono trovato bene o anche con lo stesso Cavani che ai tempi era un cavallo pazzo”.

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