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A Parma Barrow fa finalmente il suo dovere, Sansone in netta crescita

Vittoria salva vita e salva guai e salva polemiche e salva molto, in questo periodo in cui – parole di Mihajlovic – bisogna pensare alla salvezza, punto, stop. Ha ragione lui, altro che. Allontanati i fantasmi, evitato con un passo di danza di grande classe il rischio di sentirsi con le spalle al muro. Il Bologna a Parma fa tutte le cose giuste, e conta niente se le fa contro un avversario imbarazzante, per pochezza tecnica e qualsivoglia tipo di mordente. Tutti gli occhi – giustamente – sono puntati su Barrow, che rende merito al lavoro settimanale di Mihajlovic e del suo staff, si impegna nel pensarsi centravanti puro (non lo è) e fa il suo dovere, alla grande lo fa. Viva Barrow, chiaro. Può ancora migliorare, può scoprire cose di sè che ancora non sa. Barrow si rivela oggi il salvagente di una squadra che dall’inizio dell’anno gioca senza un «9» degno di questo nome. Viva Barrow allora, che ha ritrovato gol (2, sono 5 in totale) e fiducia. Ma il piedistallo su cui il Bologna è salito per sbancare Parma – a nostro modesto parere – porta dritti alla crescita di un altro giocatore. Parliamo di Sansone. Anello di congiunzione nella linea verticale che da Soriano porta a Barrow, uomo dell’ultimo passaggio: suo il cross a giro (su calcio piazzato) per il vantaggio rossoblù, ma è parsa esemplare l’azione del 2-0. Certo, il Parma molto concede in quell'occasione. Certo, il Parma tiene una difesa sbrindellata con il distanziamento sociale. Ma la verticalizzazione di Sansone per Barrow è perfetta, pulita, limpida e definitiva. Da manuale del calcio, per lettura dei tempi e precisione. Eppure: Sansone era letteralmente sparito, stava vivendo una stagione grigia, senza lampi e senza squilli. Si è capito a Parma quanto possa essere fondamentale negli schemi di Mihajlovic. E’ un grimaldello, un apriscatole, un giocatore capace di scardinare le difese avversarie con il suo movimento e con la sua (eccelsa) tecnica. Ora che la serenità è stata ritrovata il Bologna può anche ragionare sul futuro e una prima chiave di lettura l’ha data ieri Mihajlovic. Che è uscito allo scoperto. Che non ha dato alcuna certezza. E che in sostanza ha detto: io ci sono, ma dipende da come/quanto vorrà investire la società. Il tecnico ha sottolineato di essere consapevole che questo è stato un anno strano, zoppo, segnato dalla pandemia e dalla crisi; un anno in cui bisognava sopravvivere, tenere dritta la barra senza alimentare falsi entusiasmi. Da giugno però – ci si augura – tutto sarà diverso. Mihajlovic chiede alla società di manifestare chiaramente le proprie intenzioni. Banalmente: se la dirigenza metterà a disposizione del tecnico una squadra capace di fare il salto di qualità, allora le possibilità che Mihajlovic rimanga sulla panchina del Bologna sono reali. Altrimenti tanti saluti a tutti. E’ andata così. E – con la salvezza più vicina – sta andando bene.

Furio Zara

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