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Giù il cappello di fronte a Barrow. Adesso al Bologna serve la rinconferma dei suoi talenti e un vero centravanti

Lode a Musa Barrow che porta in dote la più preziosa delle doti nel calcio omologato di oggi: l’imprevedibilità. Giù il cappello di fronte a un giocatore che – a partita finita – decide che mica è vero che è finita, la partita. Così si fa trovare pronto in mezzo all'area avversaria, per chiudere il più improbabile contropiede e regalare al Bologna la vittoria contro il Lecce. Ma il gol – il 9° in campionato (6° dopo il lockdown) in 23 partite giocate – non è nemmeno la cosa più bella, perché per trovare la qualità migliore di Musa bisogna analizzare altri due episodi. Il primo è l’assist di tacco per il gol di Palacio, il secondo è il tocco a superare in contrattempo un avversario e l’immediata verticalizzazione conclusa con un rasoterra che è andato a sbattere sul palo. Sono due giocate spiazzanti, che marcano una differenza. Sono due mosse alla Barrow, l'uomo in più di Mihajlovic, il grimaldello delle partite blindate, la password per entrare nel sistema operativo. Dentro la più rocambolesca delle partite – da 2-0 a 2-2 prima dell’acuto finale – che ha evidenziato pregi (il buon approccio, la fame di vittoria, un Soriano da top-class) e limiti (i soliti: una fase difensiva da zona retrocessione, uno Skorupski che piazza l'immancabile papera); brilla la stella di questo ragazzo che a noi piace perché è diverso da tutti gli altri, non assomiglia a nessun altro suo collega. Sembra scoordinato, ma non lo è. Nei suoi movimenti regna l'armonia di chi governa ogni gesto. Sembra distratto – o almeno: Mihajlovic lo vorrebbe più connesso – ma probabilmente sbagliamo noi la prospettiva, l'errore è quello di valutare la sua concentrazione con i nostri criteri. Quando lo vediamo avulso dall’azione, non sta pensando ad altro: sta riflettendo sul da farsi, sta immaginando l'azione che verrà. Barrow è giovane (a novembre ne fa 22), ma non giovanissimo. E’ una sorpresa ma non una sorpresissima, perché già all’Atalanta le sue doti si erano manifestate chiaramente. E’ costato tanto – 19 milioni sono tanti – ma forse non tantissimo, perché oggi ne vale già di più e domani chissà. Ma forse è meglio dirlo sottovoce, vedi mai che i dirigenti del Bologna ci fanno un pensierino e prima o poi lo sacrificano sull’altare dell’offerta irrinunciabile a cui non si può dire di no eccetera eccetera. Vero che non andrà a finire così? Vero che l’attacco del Bologna l’anno prossimo comprenderà ancora tre ragazzi di talento che sono appena saliti sul piedistallo come Orsolini (classe 1997), Barrow (1998) e Skov Olsen (1999)? Vero che ci sarà al loro fianco un centravanti vero? Ah, perché una piccola certezza ce l'abbiamo: Barrow non è un centravanti (lo può fare, pure benissimo), ma rende meglio da seconda punta, deve avere campo aperto per esprimersi al meglio e fare la differenza.

Furio Zara

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