L'allenatore della Virtus Bologna, Luca Banchi, ha rilasciato un'intervista al quotidiano “la Repubblica” dove ha parlato di questo primo mese di stagione, che ha visto le Vnere vincere la Supercoppa italiana a Brescia, senza dimenticare le quattro partite vinte in campionato (unica imbattuta insieme a Brescia e Venezia) e le tre in Eurolega (unica sconfitta all'esordio contro i lituani dello Zalgiris). Di seguito vi riportiamo un estratto delle sue parole.

Luca Banchi, le sue dichiarazioni 

"La vittoria su Milano in Supercoppa, questa è stata la vittoria più piacevole. Quei tipi di partita in cui percepisci una squadra solida, consistente, malgrado i tempi precoci. Poi c’è stata anche miglior estetica, ma resta quella la sensazione più bella.
Difficile allenare una squadra fatta da altri? Concordo, ma poi c’è la realtà, e da tre anni a me va così. Arrivo dopo, come a Pesaro e a Strasburgo, prese ultime in classifica, a tirarle fuori da lì. Io preferirei costruirle, le squadre, ho dimostrato di saperlo fare e mi pesa non contribuire. Ma mi chiamano quando sono senza lavoro e m’adeguo".

Cacok? Ha i problemi legati ad un percorso doveroso, fatto di tappe, che in parte lui ha dovuto saltare. Mi prendo tempo, evito giudizi radicali, perchè so cosa significa arrivare in un ambiente come la Virtus, dove si deve solo vincere, in una città esigente, di gente che sa vedere e ama giudicare. Ho visto giocatori come lui passare per le adatte tappe intermedie, la sua modesta esperienza europea risente anche della minor qualità dell’odierna VTB russa. È stato scelto con criteri giusti, talento, resa futuribile, struttura di squadra, ed ha un suo valore, che in altri giocatori non è scontato. Gioca se ripaga, come tutti, perchè non posso penalizzare la squadra facendo esperimenti in partita, ma sono pronto a lavorare il doppio con lui in palestra, dove lo trovo attento e disponibile. Quando arriverà, e potrà essere all’improvviso, sarà un fattore energizzante per tutti".

"Il format spietato dell’Eurolega causa flessioni a tutti, anche a chi ha budget doppi o venti uomini in rosa. Sono contrario ai riposi programmati, ho gente che si diverte a giocare a basket, i veterani di più, e se sta bene gioca senza guardare i minuti in più. Caleremo? Normale, calano tutti. Perderemo? Normale anche questo, gestire sconfitte è il lavoro del coach. Non punterò l’indice sulla stanchezza di nessuno. M’interessa trovare uno stile di gioco consapevole e un ruolo chiaro per ognuno".

"So bene di star seduto su una panchina bollente. Ma ce n’è forse di comode? Mi stimola misurarmi, poi so pure che sarà più facile venir esonerato che andarmene io. Alla faccia della vox populi. Diventi davvero un allenatore, dicono i vecchi saggi, quando incassi il primo esonero. A me il benvenuto a bordo fu dato nell’anno 2000. Il gioco lo conosco da un pò".

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