Il direttore sportivo rossoblù Marco Di Vaio ha parlato in una lunga intervista a Cronache di Spogliatoio della nuova gestione tecnica, passando dall'arrivo di Sartori e Thiago Motta, a quello di nuovi giocatori determinanti in questo buon periodo di forma del Bologna, come Ferguson e Posch. Di seguito un estratto delle sue parole.

Sul nuovo ruolo di direttore sportivo: “Mi piace questo ruolo, ma è molto stressante, non è facile. Forse perché ho un sentimento particolare per questo club. Sono uno di quelli che non sanno vivere il lavoro con distacco, perciò il livello di stress è inevitabilmente alto. Lasciare Bologna solo quando avremo vinto un titolo o saremo tornati in Europa? Speriamo non mi mandino via prima…”.

Sul suo periodo a Bologna da giocatore: “A Bologna arrivai dopo due stagioni negative. Dovevo riaffermarmi, far ricredere tante persone. Avevo sofferto, e quando soffri a un certo punto tiri fuori qualcosa di diverso. Mentalmente ed emotivamente. Era il posto giusto, al momento giusto. Qui trovai pace ed equilibrio. La stessa che trovarono prima di me Baggio e Signori e Gilardino dopo. C’è una discreta pressione, il Bologna ha scritto la storia della Serie A e perciò non è una squadra normale”.

Sul calcio italiano a confronto con quello europeo: “Siamo abbastanza indietro per regole, strutture, settori giovanili, seconde squadre. Giro tanto in Europa e mi accorgo che vanno a velocità pazzesche. Noi invece siamo quasi fermi, non cambiamo. E non serve andare per forza nei top campionati. Lo noti anche in Portogallo, Olanda, Belgio, Svizzera: tornei di buon livello, ma con club pari alle migliori squadre in Italia per capacità di sviluppare il talento”.

Su Mihajlovic: “L’ho avuto come allenatore e l’ho ritrovato quando sono tornato a Bologna da dirigente. Per lui solo pensieri positivi nonostante il carattere non facile, ma la sua onestà e la sua sincerità mi disarmavano sotto tutti i punti di vista. Con Sinisa ci si poteva anche scontrare, ma poi si andava a mangiare e bere insieme ed era come se non fosse successo nulla. Si era creata una forte empatia con tutto il club e con la città. Mi restano tantissimi ricordi, con lui e con la sua famiglia, tutto ciò che abbiamo vissuto insieme. L’esonero dello scorso settembre è stato il momento più difficile dei miei otto anni da dirigente qui al Bologna. Una decisione presa per il bene del Club, ma con grande sofferenza. Cosa mi direbbe se fosse qui? Sicuramente ‘testa di cazzo’… (ride, ndr), ma anche di aver capito il perché di quella scelta. Sinisa voleva essere prima di tutto rispettato come allenatore ed è quello che abbiamo fatto. Sarebbe interessante potergli dedicare un luogo, un’area allo stadio, qualcosa che lo ricordi”.

Su Thiago Motta: “Thiago è stata una bella sorpresa per tutto il mondo Bologna e lui ha trovato un posto dove gli piace stare. Ci sta aiutando a crescere, a tracciare un percorso ben definito con la sua mentalità e la sua personalità. È un allenatore moderno che cura tanti aspetti e che crea curiosità per il lavoro che propone. Ce lo hanno presentato come un predestinato e devo dire che in effetti ha qualcosa di speciale. Vedo passione e dedizione, mi piace da morire per quello che fa. Ha esperienza e spalle larghe offerte dalla sua grande carriera da calciatore. Sa bene che passi dovrà fare e come farli in futuro, è consapevole di quanto in questo momento sia importante Bologna per lui. Andrà certamente su livelli diversi, ma spero in un futuro il più lontano possibile”.

Su Ferguson, Posch, Barrow e Sartori: “Lewis è il giocatore che ha unito la vecchia gestione tecnica con Bigon e quella nuova con Sartori. Posch? Bisogna essere onesti e dire che cercavamo un centrale per la difesa a tre e, alla fine, ci siamo ritrovati uno dei terzini più forti della Serie A. Adattandosi, mettendoci del suo, approfittando delle defezioni e sicuramente dell’intuizione del mister. Barrow? Ogni tanto mi permetto di dargli dei consigli. Non tanto su ciò che deve fare in campo perché bisogna lasciare spazio all’istinto, piuttosto sulla gestione dei momenti. Li ho vissuti in prima persona, perciò mi sento di potergli dare qualcosa. Sartori? La cosa che più di lui mi sorprende è la curiosità che mostra ogni giorno. Senza non sarebbe diventato ciò che è oggi”.

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