C’è una cosa che con l’arrivo di Dalmonte è cambiata radicalmente in casa Fortitudo: il non arrendersi al destino cinico e baro. Su queste pagine avevo avuto modo di evidenziare come la Lavoropiù di Meo Sacchetti troppo spesso alzasse bandiera bianca al primo momento difficile nella partita o che entrasse in campo dando l’impressione di non crederci affatto. A Cantù, al contrario, c’è stata un’ulteriore dimostrazione di come questa versione della Fortitudo sia diversa – ribadisco – mentalmente prima ancora che tatticamente. Senza tre membri del quintetto base, senza il sesto uomo e senza il suo capitano la F non ha smesso un attimo di lottare, di stare sul pezzo, di rimanere concentrata. Nel terzo quarto, poi, ha avuto la forza e la capacità di scavare il solco decisivo che i canturini non sono più riusciti a recuperare. E ha avuto la forza di farlo di squadra con tutti a dare un contributo anche piccolo, anche minimo ma comunque significativo. Anche l’ultimo arrivato Baldasso è entrato con il piglio giusto, mettendosi al servizio dei compagni.
Tra i singoli merita però decisamente un capitolo a parte Leonardo Totè. Impalpabile con Sacchetti e ad un passo dalla cessione in prestito, devastante con Dalmonte. In quattro partite viaggia a 16.5 punti e 5.8 rimbalzi di media con una cattiveria agonistica che sembrava non appartenergli. Sul Totè adolescente erano in tanti a scommettere per un futuro roseo: chissà che questo momento non rappresenti la svolta positiva della sua carriera.
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