Il Bologna di Vincenzo Italiano ha ingranato ed è ormai in rampa di lancio. I rossoblù hanno vinto sei delle ultime otto gare e questi risultati hanno fatto sì che gli emiliani si trovino al settimo posto in solitaria con 28 punti all’attivo.
Tra i protagonisti della stagione c’è sicuramente Santiago Castro, numero 9 dei felsinei che si è preso le luci della ribalta a suon di gol e giocate, nonostante il rigore fallito nell’ultima sfida contro il Torino. Il classe 2004 si è raccontato in una lunga intervista a Repubblica, affrontando diversi temi: da Italiano, fino a Motta, Zirkzee e gli aspetti in cui si vede migliorato. Di seguito un estratto delle sue parole.
Gioco per la squadra, ho più fiducia in me stesso, ho acquisito gli insegnamenti di Vincenzo (Italiano): “Se non puoi fare gol, fai un assist. Se non puoi fare un assist gioca bene e vai in pressione sul primo difensore.
Con palla o senza tutti dobbiamo dare una mano. Noi attaccanti siamo i primi difensori.
Molto meglio giocare ogni tre giorni. Sai che noia star fermi una settimana intera.
Intendevo fisicamente, come stile. Magari facessi una carriera così, ma io voglio essere Castro. Il mio sogno è comunque cantare l’inno argentino con la maglia della nazionale. L’ho fatto con l’under 23 ed ero già commosso.
Sono cresciuto con Milito e quell’Inter straordinaria. Maradona non ho fatto in tempo nemmeno a vederlo di sfuggita.
Più che la sua concorrenza era il fatto che la squadra vinceva sempre. Quindi apparentemente non c’era bisogno di cambiare nulla. Thiago Motta mi ha inserito gradualmente e alla fine devo ringraziarlo per la fiducia che mi ha dato.
Beh con Italiano ho un rapporto diverso perché ci siamo conosciuti dall’inizio. Mi parla molto, spiega tutto con grande pazienza. Sono contento di averlo come allenatore.
Personalmente ho letto che sarebbe andato alla Juve sui social. Ma dopo la partita col Genoa abbiamo capito che non lo avremmo rivisto.
Mi sono arrabbiato io per primo. Per tre giorni non ho pensato ad altro. Ma so il motivo dello sbaglio: di solito prima di calciare guardo sempre il portiere. Stavolta non l’ho fatto abbastanza, ho tirato forte e basta. Spero di avere presto un’altra chance, anche se il rigorista è Orsolini.
Com’è normale che sia. Ero competitivo anche nel barrio con gli amici. Solo così alzi il livello. Se Thijs lavora bene, lavoro bene anch’io. E viceversa. E’ così in tutti i reparti. Ma la cosa più importante è che siamo una famiglia, non solo una squadra.
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