Dulcis in fundo: la ciliegina sulla torta. Riccardo Orsolini ha fatto una lunga disamina sul suo di Bologna, toccando anche il tema Motta, l’Europa e qualche suo compagno di squadra.
Di seguito l’ossatura della lunga intervista di Riccardo Orsolini ai colleghi del Corriere dello Sport-Stadio.
Come Motta penso di volta in volta, di partita in partita. Chi pensa a lungo termine sbaglia. In questo momento dell’anno purtroppo non si possono fare piani futuri, non è il momento.
Ditemi uno che all’inizio dell’anno avrebbe detto questa frase. Non c’è. Dire non siamo da Europa o sì siamo da Europa mi sembra un pò riduttivo. Godiamoci quello che c’è, poi vediamo dove possiamo arrivare. C’è un bellissimo entusiasmo, una bella sinergia tra la squadra, la piazza, tutto l’ambiente. E’ uno dei pochi anni senza frizioni, senza malumori, senza problemi. Quando si vive sereni e tranquilli non cerchiamo complicazioni. Al di là di tutto, però, viviamo il momento. Tutti, eh. Squadra, tifosi. Questo ti fa capire che anche uno solo può trascinare tutti.
Sono d’accordo con il mister quando dice che è giusto che la gente sogni l’Europa, ma la squadra è un’altra cosa. La squadra deve pensare a lavorare.
Noi ci focalizziamo sulle partite, sull’adesso. E’ un passaggio sottile, ma ti fa capire tante cose, su come ragioniamo noi perchè adesso sarebbe troppo facile dire: ok, siamo quarti, montiamoci la testa. Una cosa del genere ti fa andare giù a picco. Perdi tre partite e stai a picco. Lo sapete, eh? Tutti remiamo dalla stessa parte, ma l’obiettivo non è l’Europa: l’obiettivo è far vedere a tutti che noi siamo una squadra di calcio che gioca a calcio. Quello è l’obiettivo. Perchè l’Europa, se sarà, sarà solo una conseguenza.
Per loro l’obiettivo Europa è ormai una realtà da cinque, sei anni. Se Gasperini ha detto che è il Bologna la squadra che può fare concorrenza all’Atalanta vuol dire che lo pensa davvero. Thiago Motta è un suo allievo, quindi magari lo conosce meglio di noi. Noi stiamo cercando di fare quello scatto lì. Serve quello: uno scatto, una scintilla. E rimanerci, altrimenti è un fuoco di paglia. Una volta che parti poi secondo me, cambieranno tante cose, tante dinamiche, avremo consapevolezze diverse. Entreranno in gioco altri fattori, sicuramente. Io lo so com’è: ho vinto un girone di Europa League con l’Atalanta. Primi.
Posso dire di aver visto il Bologna in tutte le salse. Anni strani, senza reali obiettivi. Anni belli, anni difficili. L’anno più bello fino ad ora è stato il primo di Sinisa, con l’acqua alla gola e poi quella cavalcata incredibile fino ad arrivare addirittura decimi. Quella è stata una rinascita. Sono contento che finalmente quest’anno ci sia stata la svolta, ma attenzione non stiamo vivendo un sogno: è la realtà fatta di lavoro e sacrificio. Prima o poi doveva accadere, e che cavolo. Il fattore fortuna te lo devi anche un po creare. Se proponi un bel calcio, propositivo, così come stiamo facendo noi, il fattore “c” può venire dalla tua bravura.
Avere il presidente qua, che viene in campo, festeggia con noi, che ci aspetta nel tunnel: quanto è bello? Per noi è importante. Vedo i video dove si abbraccia col mister a fine partita, saltano di gioia insieme. E’ bellissimo.
Per noi esterni ci sono due o tre cose davvero imprescindibili. Lui si accorge di tutto. E’ proprio una ricerca maniacale della perfezione. Ma il mister ha gli occhi ovunque: magari sta guardando da un’altra parte, ma ti ha già visto.
E’ da novembre che non guardo la classifica. E’ la verità. Non perchè non mi interessi, ma sono focalizzato, anzi siamo focalizzati sul Verona. Io non so nemmeno quante giornate mancano alla fine. Se mi chiedi quante partite mancano io ti dico boh: quattordici? , quindici?, non lo so. Guarderò la classifica nelle ultime quattro, cinque giornate. Ripassate tra due mesi e ve lo dico.
Non lo so dove siamo cresciuti di più, ma certe volte, quando sono in campo, mentre corro e vedo fare le uscite dal basso mi dico: “Oh, siamo forti. E belli, pure”. La cosa stupenda è che ci assumiamo le responsabilità. A volte sembra che usciamo con il brivido. Ma da dove nasce l’errore? Perchè tu vuoi giocare , e al mister questo va bene. Quando fai l’errore ti dice: la prossima di nuovo, fallo ancora, la palla non si butta. I nostri portieri qualche anno fa erano insicuri di giocare, appena avevano la palla la buttavano via. Adesso succede una volta su quindici. Possiamo sempre giocare.
Abbiamo due grandi portieri. Federico io l’ho visto crescere, quando sono arrivato era ragazzino di manco diciotto anni. Si sta meritando tutto. Lukasz è stato sempre una certezza tra i pali. Ultimamente è migliorato tantissimo con i piedi. Il primo anno non era così forte.
A livello numerico siamo tanti, chiunque gioca fa bene e con la concorrenza sana si alza il livello. Però se vuoi giocare devi afre meglio dell’altro sennò non giochi. Sia che ti chiami Orsolini, Calafiori o Ferguson.
Quando finisco in panchina non mi arrabbio più, sarà che sono invecchiato quindi più riflessivo. Mi dico: “Io, di queste situazioni, quante ne ho vissute?”. Ci ho fatto il callo. Se prima mettevo il 101% in allenamento, adesso ci devo mettere il 110. A Motta piace il cambiamento che vede in te, quella corsa in più, quel contrasto in più. Cioè lui vuole undici animali in campo. Forse è una cosa per stimolare. Non la chiamo provocazione. Negli altri anni non mi ero mai allenato così forte. Mi sono pure stirato una volta…
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