Alla vigilia del match contro l’Atalanta, Remo Freuler è stato intervistato per parlare del Bologna e dei tempi della sua ex squadra. Lo svizzero è stato un punto di riferimento sia in rossoblù sia in nerazzurro, e sabato sfiderà alcuni dei suoi ex compagni. Ecco le sue parole rilasciate in un’intervista alla Gazzetta dello Sport
Occhio: abbiamo la stessa fame dell’anno scorso. Diciamo che dopo la vittoria di Monza il sole è riapparso. Ma mi dica lei: quale squadra, cambiando allenatore e alcuni giocatori, non ha avuto qualche problema queste prime giornate? Il primo giorno, a tutta la squadra ho detto una cosa: “Se non seguiamo il nuovo tecnico non andremo da nessuna parte. Nessuna”.
Situazioni così le ho già vissute. Non credo che ci siamo indeboliti, abbiamo fatto acquisti fantastici. E siamo rimasti in moltissimi dello scorso anno: sarà un orgoglio maggiore dimostrare che dentro a quell’annata meravigliosa c’erano tutti.
Siamo ancora quella squadra là: che ha quella fame là. E con la Champions in più. Io, per esempio, non voglio smettere di vedere la luce negli occhi non solo dei compagni ma soprattutto dei tifosi. E al momento abbiamo gli stessi punti di un anno fa, che vuole dire tutto o nulla ma so che questa squadra ha tanto da dare.
L’impegno: ai ragazzi lo dico sempre che se ti alleni meglio al 100% giochi di più e puoi fare carriera. Poi il coraggio: avevamo il petto in fuori, ci siamo presi la Champions col petto in fuori; e così dovremo affrontare tutte le gare, sempre. Terzo, la squadra: non gli undici. Tutti. Compresi i magazzinieri e chi ci sta attorno. Davvero tutti.
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Adesso serve quella parola magica: continuità. Ricordo che un anno fa lei mi chiese se il modello Atalanta può essere imitabile qui. Le risposi che in pochi mesi non si costruisce nulla e ora le dico che dopo un anno nulla è ancora costruito. Servono anni e continuità. Restare in alto è la cosa più difficile. La zona-Europa è l’obiettivo.
Ho tutto di quella sera. Foto, video, ricordi che non se ne andranno mai. È stata una festa inattesa (peraltro dopo Atalanta-Bologna 1-2), mai vista, una follia d’amore. La sciarpa ce l’ho ancora, un pezzo di cuore resterà sempre a Bergamo. Chi è rimasto nella Dea della mia “epoca”? Djimsiti che è padrino di mio figlio, poi Toloi, il mio amico De Roon, Gasp, Zappacosta e il cuoco Gabriele…
L’ho chiamato, ci siamo parlati. Beh, è stato molto molto vicino.
Vive per il calcio. Ha idee chiare, vuole avere sempre la palla, condurre il gioco e se non l’abbiamo bisogna aggredire forte, molto forte. Umanamente? Parla molto con noi.
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Entrambi vogliono gestire palla e partita. Con Italiano forse cerchiamo di creare più occasioni da gol. Inizialmente avevamo le distanze un po’ larghe? Contro l’Empoli e a Como abbiamo preso facili ripartenze. Troppo facili. E abbiamo parlato nello spogliatoio: spesso parliamo e lavoriamo sugli errori. Su preventive e ripartenze, su tutto.
Miranda: fa dei cross meravigliosi, sul punto esatto. Chiaro che deve ambientarsi. Come Dallinga, ma che problema c’è, lo portiamo fuori a cena: davanti alla porta è fortissimo, ho visto tanti suoi gol fatti sul primo palo. Poi tornerà anche Ferguson, sarà come un nuovo acquisto esperto…
Aebischer fa degli scherzi strepitosi. E Ndoye è una forza della natura. Valgono dieci e lode.
Si è creato un gruppo fantastico: non solo in campo ma anche fuori, a cena, per un aperitivo ritrovandosi fra giovani e meno giovani. Ho imparato questa coesione speciale qui e sono felice di essere tornato in Italia e di aver scelto Bologna. E lo rifarei. Eccome se lo rifarei.
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