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Al Bologna non resta che un solo obiettivo: battere la Juventus. Mihajlovic con questa squadra di più non può fare!

Archiviato il caramelloso pareggio alla «volemose tanto bene» del Bentegodi e superata in dribbling la futilità del 10° posto da raggiungere (ma interessa a qualcuno?), al Bologna di Mihajlovic non resta che un solo obiettivo per tirare giù la saracinesca – “shut up the shop” dicono gli inglesi con una bella espressione – su questo campionato un po’ così’, tiepido e insapore come una minestrina surgelata e fatta scaldare nel microonde. L’obiettivo, dunque. Battere la Juventus. Trovare dentro se stessi una scintilla di orgoglio e accenderla, come se davvero la partita con la Juve contasse qualcosa (conta solo per i bianconeri) e sperando davvero, per dirla alla Sinisa che «manderanno un arbitro come si deve», sottinteso dopo i disastri combinati da Calvarese in Juventus-Inter. Sono settimane che Mihajlovic sta facendo le prove generali per un futuro che è ancora tutto da definire, ormai al debutto in Serie A manca solo il figlio di un magazziniere: questi esperimenti danno anche la conferma di quanto il campionato del Bologna sia finito un paio di mesi fa, bene, bravi, ma il bis anche no. Oppure sì, basta accontentarsi, non c’è nulla di cui ci si deve vergognare. Intanto è cominciata la giostra delle panchine in Serie A e curiosamente – da qualche giorno, ma guarda un po’ – cominciano a girare voci di un interessamento della Juve per Sinisa, che sorpresona ;-), con tutto il corollario di repliche e controrepliche come da catalogo: e chi non vorrebbe, fa piacere, la Juve è un grande club e vai col liscio. Realisticamente le possibilità che Mihajlovic vada a sedersi sulla panchina della Juventus sono pochine, ma tutto fa brodo in un momento così, quando si tratta di ridiscutere la propria posizione all’interno del club e di pianificare la prossima stagione. Oggi la sensazione è che il confine di Mihajlovic sia ben definito. Di più, con questa squadra, non può fare, lui. Il resto è fuffa, chiacchiericcio, occasioni che – per Mihajlovic – possono arrivare da un momento all’altro: una panchina che si libera, un’occasione all’estero, chissà, forse alla fine persino l’accettazione di un dato di fatto. E dove vado se non resto qui a Bologna? Stiamo parlando di un allenatore che ha una sua dimensione, un livello certificato da una storia personale ben precisa. Dando una rapida occhiata al suo rendimento in Serie A: Mihajlovic non è mai andato oltre un 7° posto (con il record personale dei 56 punti), raggiunto con la Sampdoria nel 2014-15, con i blucerchiati qualificati per l’Europa League (ma solo perché il Genoa, sesto, non aveva la licenza Uefa e fu costretto a cedere il posto ai cugini). E’ arrivato a metà classifica (9° posto) con Fiorentina e Torino, ha finito anzitempo (esonerato) la sua esperienza al Milan e sempre a metà classifica chiuderà il suo terzo anno a Bologna. La dimensione storica di Mihajlovic è aderente a quella del Bologna nella gestione Saputo. Una dignitosa fascia media. “Festina lente”, dicevano i latini. Traduzione: “Affrettati lentamente”. Bella immagine, anche se c’è chi la prende troppo alla lettera e troppo lentamente va, verso un futuro che viene sempre rimandato a data da destinarsi, spostando sempre un po’ più in là gli orizzonti di gloria, la crescita, il salto di qualità.

Furio Zara

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Furio Zara

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