Quando i miei molteplici impegni mi lasciano un pò di tregua, ritaglio del tempo per assistere ad alcune partite dei vari settori giovanili. Visionare i calciatori del futuro e studiarli sin dai primi calci è una delle cose che mi ha da sempre appassionato. Intendiamoci, non sono un talent scout e i procuratori generalmente li contatto per avere notizie sui loro assistiti, se quelle indiscrezioni di mercato siano veritiere o meno. Da cronista navigato però, so distinguere un talento e so capire chi ha delle potenzialità per emergere. Di giovani promesse ne ho viste, dai dilettanti fino ai miei 8 anni di Serie A. Prima della Pandemia, mi capitava spesso di andare in giro per l'hinterland bolognese a seguire tornei e partite di campionato giovanile. Tra le tante società, il Felsina è una di quelle che mi ha colpito sin da subito per organizzazione tecnico-tattica. Dopo le parziali riaperture e il riavvio dei campionati, non avevo ancora avuto modo di vedere qualche partita ma, in un freddo sabato pomeriggio di novembre, ho deciso di andare a Villa Pallavicini per assistere ad una gara di Pulcini. A 10 anni può certamente essere prematuro poter scovare un talento, a quell'età i ragazzini giocano perlopiù per diletto come è giusto che sia. Tuttavia, in quel sabato, la mia attenzione è ricaduta su un piccolo mancino che calciava dalla distanza altrettanto bene di destro quanto di sinistro. Questo aspetto ha suscitato la mia curiosità, dote rara a quell'età. Inizio a focalizzare la mia attenzione su di lui per quasi tutta la durata dei quattro tempi cosi da scoprirne altre di qualità: tecnica, rapidità, visione di gioco. Guardo la sua posizione in campo, un play di mediana che in fase di possesso si abbassa per ricevere palla per poi accompagnare l'azione e dare supporto agli attaccanti. Quando vede il varco si incunea e tira: risultato 5 reti all'attivo, 4 dalla distanza. Quello che mi ha stupito, oltre alle doti tecniche, è stata la predisposizione al gioco di squadra. Trovare un ragazzino con queste capacità, a 10 anni, è cosa non comune. Al termine della partita, forse per deformazione professionale, vado alla ricerca di notizie e scopro che chiama Kevin Koshi. Di strada il piccolo Kevin ne dovrà fare ancora tanta, per arrivare in alto non bastano le qualità e le doti innate, ma servono soprattutto lavoro e sacrificio. Tuttavia in lui ho visto un grande talento e se seguito a dovere può certamente arrivare lontano. Ho deciso di scriverne perchè in lui ho visto qualcosa che mi ha lasciato il segno. Spero che possa con gli anni coltivare ancor di più il suo talento per calcare campi importanti. Ad Maiora Kevin!

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