Uno dei protagonisti di questo Bologna ma anche di questa Serie A è sicuramente Joshua Zirkzee. L’attaccante olandese si è preso i tifosi rossoblù e le attenzioni di tutto il calcio italiano e non solo. Ospite a My Skills su Dazn, il classe 2001 è stato intervistato dall’ex attaccante Giampaolo Pazzini, che ha raggiunto Zirkzee al centro sportivo del Bologna anche per consegnargli la carta di “star del futuro” di “FC 24”, il videogioco di calcio più famoso al mondo. Sui campi di Casteldebole Joshua ha parlato di sé, del suo modo di giocare a calcio del suo passato al Bayern e all’Anderlecht con Vincent Kompany, allenatore che lo ha aiutato molto nella nella crscita, soprattutto a livello mentale. Ecco alcune delle dichiarazioni del numero 9 del Bologna ai microfoni di Dazn.
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Penso a delle situazioni che potrebbero accadere durante la partita. Prima di entrare in campo… quello è il momento in cui sale la tensione, ti carichi! Sai che è il momento di iniziare!
Sicuramente nella metà campo avversaria. Cioè… naturalmente mi trovo a mio agio in area di rigore perché mi sento libero di giocare senza correre troppi rischi ed è la posizione in cui posso segnare di più. Ma mi trovo bene anche fuori, specialmente sulla fascia sinistra.
Alla fine sono pur sempre un attaccante, quindi se non riesco a segnare non sono contento, come qualsiasi altro attaccante. Sai anche tu come ci si sente quando non riesci a segnare in una partita in cui vorresti farlo. Non penso di essere un attaccante egoista, ma penso sia qualcosa su cui si debba lavorare ancora.
Vado un po’ a istinto: dipende anche da chi ha il pallone in quel momento. Se Beukema ha il pallone io so che ha un buon cross, quindi non andrò in contro al pallone ma in profondità . E’ una giocata che proviamo anche in settimana: è importante avere questo tipo di connessione con i tuoi compagni. Se Kristiansen è lì, so che posso correre in profondità anziché tornare e lui sa che io farò questo tipo di giocata. In più mi piace prendere palla, non in verticale: la voglio addosso, così che possa guardarmi attorno e capire come muovermi.
In realtĂ cerco di evitare questo tipo di situazioni. Cerco sempre di toccare il pallone in modo da potermi girare velocemente o passarla a qualcun altro.
Non ho un obiettivo per quanto riguarda i gol. Naturalmente la gente ha ragione, alla fine sono un attaccante, quindi anch’io voglio segnare: certo! Quando non segno non riesco a dormire (ride, ndr).
Non è che non sia in grado di farlo, è solo che…Non ne ho idea! E’ vero, non sono mai stato un attaccante forte di testa, però mi hanno sempre detto che avrei dovuto migliorare quest’aspetto. La maggior parte dei gol li ho fatti in area, probabilmente devo stare lì più spesso.
Mi è piaciuto molto essere al Bayern, ho imparato tantissimo: è il meglio del meglio. Sono felice di aver avuto la possibilità di trascorrere quel periodo lì, sarà sempre la mia squadra del cuore in Europa.
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Penso di essere stato fortunato. Avevo un ottimo allenatore all’Anderlecht, Vincent Kompany. Mi dava spesso consigli spiegandomi cosa è difficile per un difensore, è un allenatore a cui piace spiegare le cose e parlavamo anche la stessa lingua quindi è stato tutto più facile. Mi ricordo quando mi ha chiamato al telefono per dirmi che dovevo diventare un giocatore vero e non solo un giovane talento e devo dire che questa cosa mi ha aperto gli occhi.
Penso che ciò che voglia unito alle mia abilità sia un’ottima combinazione. Per esempio, quando giocavo all’Anderlecht, ho giocato con Christian Kouamé, della Fiorentina: giocavamo in due davanti e io ero quello che tornava indietro. Quindi penso dia una buona combinazione.
Sicuramente Berkgamp, Van Basten e… Kluivert o Van Persie. Ti direi Patrick Kluivert. Il mio idolo da piccolo era Ronaldinho, penso che lui sia il motivo per cui ho iniziato ad amare il calcio.
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