Giuseppe Savoldi, ex attaccante di Bologna e Napoli, ha rilasciato un'intervista a Repubblica in cui ha toccato il tema delle prospettive del club rossoblù, delle voci sul Napoli interessato a Motta, e sulla concezione del centravanti moderno. Di seguito le sue parole.

Sulle vittorie a Bologna: “È un orgoglio aver contribuito a quelle due coppe, sapendo che di più non potevamo vincere, e aver dato gioie a tifosi con cui condividevamo la vita. Una volta alla settimana andavamo a casa loro, ci facevano lasagne e tortelli, tale era il rapporto, vero, semplice, che avevamo con la città. Anche a Napoli era così, i tifosi lo manifestavano in modo diverso ma volevano sempre stare con noi, a contatto fisico con la squadra. Ora è impensabile, i giocatori sono blindati, non mi riconosco più in questo modo di vivere il calcio”.

Sulla gioia per lo scudetto a Napoli: “Vincere a Napoli è unico, la gioia per il calcio lì è una cosa a sé. Non so se Spalletti voglia lasciare il ricordo del vincente o se c’è dietro altro, lavorare con De Laurentiis non è facile. In questa scelta ci possono essere tanti risvolti non noti”.

Sulle voci che avvicinano Motta al Napoli: “A Bologna ha fatto benissimo, oltre ogni aspettativa, e là arriverebbe un allenatore dalle ottime prospettive, ma anche per questo bisogna capire le ragioni della separazione con Spalletti. Se non andava d’accordo con De Laurentiis perché aveva troppa personalità allora magari si vorrà un allenatore giovane che si metta a disposizione del presidente”.

Sulle prospettive del Bologna: “Io me l’aspetto che finalmente il Bologna giochi almeno per un posto in Europa, di vederlo davanti all’Atalanta. Io arrivai cinque anni dopo lo scudetto e allo stadio c’erano ancora i cori e gli striscioni del tricolore: voglio rivedere quel Bologna lì, rivivere quei fasti”.

Sul “vecchio” centravanti: “Ora al nove si chiede di far movimento, aprire spazi per i compagni, vedere la profondità. A me chiedevano solo i gol, mettersi a disposizione della squadra voleva dire fare bene il proprio ruolo, nel mio caso segnare. Ora c’è stata un’evoluzione tattica, non si gioca più a uomo ma a zona e l’attaccante ha tanti compiti e diversi. Nel mio calcio i ruoli erano chiari, senza perdersi in cose che possono portare confusione ed errori: il centravanti segnava, il portiere parava e lanciava lungo, il 2 marcava l’ 11 e il 3 marcava il 7. Era più semplice”.

Su Arnautovic: "È un attaccante moderno che sa lavorare coi compagni, e quando lui non c’era il Bologna ha sofferto. E allora diciamolo che di questi nove c’è bisogno, ci sono giocatori che non puoi sostituire, lo stesso Napoli senza Osimhen, miglior punta della A, non è stato la stessa cosa”.

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