La presentazione del libro sui primi 51 anni di vita di Sinisa Mihajlovic ha avuto luogo nella giornata di ieri insieme ad Andrea di Caro, viceredattore della Gazzetta dello Sport nonchè autore dell'opera che raccoglie il passato dell'iconico allenatore serbo. Si tratta infatti di un volume di 457 pagine scandito da aneddoti calcistici legati al suo formidabile mancino ma anche di confessioni personali che rivelano il suo lato più vulnerabile. "Mi chiamo Sinisa e sono nato due volte. La prima il 20 febbraio 1969 a Vukovar, ex Jugoslavia. Cinquant’anni dopo, il 29 ottobre del 2019 sono nato una seconda volta, all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna", è questo l'incipit scelto da Sinisa Mihajlovic, quasi a voler sottolineare quanto la lotta contro quel male, la leucemia, lo abbia profondamente messo alla prova e perchè no, anche cambiato. Un pomeriggio, quello della presentazione del libro, anche all'insegna del divertimento grazie alla presenza di amici ed ex avversari: erano infatti presenti in collegamento Dejan Stankovic, Roberto Mancini, Zlatan Ibrahimovic e Francesco Totti. Quale occasione migliore se non questa per ricordare gli anni passati, "gli anni più belli, in cui il campionato italiano era straordinario e pieno di stelle" ha asserito Mancini e per alleggerire il clima con sfottò e prese in giro. Un legame profondo è quello che lega i tre di origine serba, tanto che Stankovic non ha saputo trattenersi: "Quando ho saputo che con Sinisa oltre a me ci sarebbe stato anche Ibra ho pensato: “Che bella zingarata” e aggiunge: "Miha per me è la Serbia, quando mi chiama mi metto sull’attenti". Anche Ibra ha voluto dire la sua cambiando i toni della discussione su un canale più malinconico :"L’unico mio rimpianto è non aver giocato con lui. Quando l’ho chiamato in ospedale non mi uscivano le parole: è stato lui a fare forza a me, ero scioccato. Mio fratello ha avuto la sua stessa malattia, ma non l’ha superata come Sinisa. Io e il Bologna? Gli ho detto che sarei venuto solo per lui e il club ha fatto di tutto per avermi. Avrei giocato anche gratis per lui». L'ultimo pensiero va al libro, che vuole essere un messaggio di coraggio, una testimonianza, per chi come Sinisa si è dovuto confrontare con questa malattia, per chi ha vissuto o sta vivendo un momento così difficile. 

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