Il doppio impegno sembra avere portato fortuna al Bologna di Vincenzo Italiano. Eccola la prima vittoria: cercata, voluta, sperata. Conquistata in una partita che si stava facendo difficile, sterile, ben avviata sulla strada del pareggio.
La vittoria è arrivata per merito di una prodezza: il missile terra-aria di Santi Castro da fuori area che ha lasciato Turati di sasso.
Per dirla alla Giorgione, quello “sdigiunino” che ha spezzato la fame di gol e di vittorie. “Si deve passare per forza dalle giocate dei singoli” ha ricordato a ragione Italiano in conferenza stampa. Vero. Ma nella partita di ieri c’è qualche fattore in più che deve convincere tifosi e addetti ai lavori: il Bologna, checché ne dica Nesta, è stato superiore al Monza per trame di gioco e occasioni create.
La carica dei brianzoli si è esaurita in fretta come batteria esausta, scemando via al calare del dinamismo del vivace Maldini.
Il Bologna è stato perfetto? Certo che no, perfettibile. All’infuori di Castro, ringraziamento speciale agli svizzeri Freuler e Ndoye che hanno dovuto fare gli straordinari e che hanno alzato il livello dei rossoblù.
Per la consueta qualità il primo, per le solite sgroppate in campo aperto e per essere stato il peggior nemico di Izzo il secondo.
Di più, il fatto che un’idea il Bologna ce l’abbia è tutta nell’assist di Lykogiannis – altra gran partita del greco – e nella bellissima zuccata di Urbanski.
Un gol che è arrivato da uno dei dettami di gioco di Italiano, da quegli spioventi che il tecnico siciliano pretende dai suoi con insistenza.
Insomma, segnali positivi all’insegna della compattezza. Poi i principi del gioco dell’ex Fiorentina potranno non piacere, potranno non essere i più moderni del mondo, risultando per non essere ascrivibili a quella new wave di allenatori alla Thiago Motta che tanto piace a tutti.
A noi oggi non importa. Non è questo il giorno per parlare di ciò che non è andato.
A proposito di quei confronti con il passato che si specchiano nel presente, scriveva Manzoni del crudele destino della Monaca di Monza: “Privata così della sua essenza, non era più una religione, ma una larva come l’altre”.
Il Bologna una larva non lo è più. Ha trovato la sua prima identità. Se ne ricordino anche gli impazienti che non hanno saputo aspettare e che avevano già puntato il dito. Quelli sì, almeno oggi, dovranno fare mea culpa.
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