Giuseppe Signori torna a parlare dell'inchiesta “Calcioscommesse”, dalla quale è stato assolto dieci anni dopo. Ecco le dichiarazioni dell'ex giocatore del Bologna rilasciate a "Verissimo", il programma televisivo di "Mediaset"

“Sicuramente adesso sto meglio. Dieci anni difficili, terribili sotto ogni punto di vista, è stata veramente dura. La mia famiglia e mia moglie mi sono stati vicini perché ho passato momenti difficilissimi, specialmente all'inizio e anche la fede mi ha aiutato molto. Non mi ci sono aggrappato solo perché le cose mi stavano andando male, anzi, se uno crede in determinati valori lo deve fare sempre, pure se va tutto bene, anche se alla fine la forza interiore la devi trovare in te stesso. 1 giugno 2011? Mi trovavo a Roma con i miei figli, improvvisamente ricevo una telefonata e mia moglie mi dice che le forze dell'ordine erano venute a perquisire la mia casa a Bologna. Due carabinieri mi sarebbero venuti a prendere alla stazione di Roma-Termini per portarmi in questura a Bologna. Appena giunto alla stazione, domando ai due agenti in borghese cosa stesse accadendo. Neanche loro lo sapevano e mi dissero solo che riguardava alcune società. Io ne avevo alcune e credevo che mio papà avesse combinato qualche guaio. Sul treno ricevo una chiamata di mia sorella che piangeva e mi chiedeva in quale carcere mi trovassi. Caddi dalle nuvole perché non capivo, eppure mi dice che in televisione davano la mia notizie, in quanto ero stato arrestato per calcioscommesse. Arrivato alla questura ho preso il mio fascicolo e ho fatto i miei 12 giorni ai domiciliari. Ho voluto dimostrare la mia innocenza fino all'ultimo? Si! Qui devo rendere merito alla mia amica che poi è diventata mio avvocato, Patrizia Brandi, che insieme abbiamo fatto questo percorso. Anche lei si era convinta della mia innocenza e di conseguenza abbiamo portato avanti questo cammino. Siamo due persone orgogliose e non volevamo cadere in una prescrizione che poteva sembrare una resa. Rimanere nel grigiore di una prescrizione non è mai facile, ma la nostra caparbietà ci ha portato ad arrivare fino in fondo, ottenere un grande risultato e soprattutto, mi permette di respirare meglio. Questa è una sentenza, perché il fatto non sussiste. Ero accusato di associazione a delinquere, riciclaggio, avevo un po' di tutto, ero il boss di un'organizzazione di delinquenti. Le scommesse? Hanno sempre fatto parte della mia vita, mi piacevano e chi mi conosce lo sà, però erano sempre finalizzate per cercare lo stimolo a migliorarsi e non per alterare i risultati delle partite. La vergogna? L'ho provata dopo l'arresto nei giorni dei domiciliari, una reazione che mi ha portato a non voler più uscire di casa, eppure non capivo per cosa mi sarei dovuto vergognare. Sentivo di essere innocente e dopo due mesi, quando sono uscito di casa, vedevo lo sguardo delle persone e forse era solo il mio timore che mi portava a pensare male, vedevo tutto scuro. 


IL SOSTEGNO DEI FIGLI E DELLA MOGLIE, I PROBLEMI DI SALUTE E IL FUTURO 
Arrivare a fare cose brutte non l'ho mai pensato, però non riuscivo a dormire, ad accendere la tv, perché avevo paura che una notizie potesse arrivare. Mi sono ritirato, ma l'amore di mia moglie e dei miei figli è stato determinante. Penso che un padre dovrebbe trasmettere affetto ai figli, ma credo che loro mi abbiano ripagato, perché oggi sono i primi che mi danno la forza. La prima cosa che mi hanno detto? Non hanno mai creduto a niente e per me questa è la miglior risposta. Le mie figlie Denise e Greta sono quelle che hanno sofferto di più, perché facendo le scuole a Roma, città con due squadre, magari capitava che gli facessero qualche battuta, però sono state forti ad affrontare questa situazione. Oggi, se possiamo festeggiare lo facciamo tutti insieme. L'embolia polmonare? Un dolore improvviso, avevo male alla schiena e andai a fare una radiografia. Avevo una macchia e qualche segnale si era già visto in precedenza, perché perdevo sangue dalla bocca, però sono quei piccoli particolari ai quali non ci fai mai caso e quindi non gli avevo dato importanza. Fu il professor Nava a darmi questa notizia, perché si poteva trattare di un tumore o di un embolo che mi aveva bucato il polmone. Ero al Sant'Orsola, mi fecero un elettrocardiogramma, il cuore iniziò a impazzire e stavo per avere un infarto. Menomale che mi trovavo in ospedale tutto intubato. Colgo l'occasione per ringraziare il professor Mario Lima e Pancaldi, in quel momento fondamentali, i miei angeli. Mia moglie? Donna straordinaria. Madre fantastica. Mi è stata tanto vicino, posso solo dire di amarla tanto. Speriamo di ricominciare a vivere in maniera normale. Futuro? Nel 2010 ho conseguito il patentino di allenatore Uefa pro, quindi potrei entrare a far parte di qualsiasi nazionale o squadra professionistica. Sarebbe bello allenare. Ho cinque figli e chissà, magari i bambini potranno iniziare a darmi qualche soddisfazione. Mi piacerebbe allenare in un settore giovanile”.

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