Jesper Karlsson in seguito al gol segnato contro la Roma avrà la possibilità di trovare continuità nelle prossime gare, complice l’infortunio di Ndoye che lo terrà fuori nelle gare contro Lazio, Lille e Venezia. Lo svedese è stato intervistato all’edizione odierna del Corriere di Bologna, ecco un estratto delle sue parole.
Sul momento ero scioccato. Mi sono detto: “Ma che è successo?”. Il gol lo avevo in testa da tempo, ho lavorato tanto per arrivarci e, alla fine, l’ho finalmente trovato. Avevo dimenticato come si festeggia un gol.
Avevo dimenticato come si festeggia un gol: non sapevo che fare. Una volta, quando segnavo spesso, avevo il mio modo di esultare, all’Olimpico non ne avevo più idea, era passato così tanto tempo…
È stato bellissimo vedere la gente felice per me. Ho un ottimo rapporto con i tifosi, sanno quanto ho cercato il gol, poi è stato pure decisivo per battere la Roma.
Il gol è un plus, ma io stavo lavorando bene anche prima. Nella partita con la Roma ho avuto più minuti a disposizione ed è facile fare la prestazione quando ne hai l’opportunità, Italiano me l’ha regalata. Peccato per Ndoye che ha tentato di uccidere il palo.
Posso essere onesto? Non me l’ aspettavo, non avevo nemmeno le scarpe ai piedi, mi stavo godendo il bel match che stavamo giocando. Italiano si è girato verso la panchina: “Dai, entri tu”. Non me lo ricordo nemmeno che mi ha detto dopo, ero solo concentrato ad allacciarmi le scarpe. Ero sorpreso, ma quelli sono i momenti per cui lavori duro in allenamento.
Il mio obiettivo è sempre stato essere sano per allenarmi al mio livello. Non ho mai pensato “me ne voglio andare”, solo a far bene per guadagnarmi un posto da titolare. I tre infortuni mi hanno tolto il ritmo, poi torni e non giochi, non è facile così.
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Quando sono arrivato ero in un momento fantastico della carriera. Giocavo e segnavo: nel campionato olandese, in Europa League, in Conference. Poi ti ritrovi in un posto nuovo e non funzioni. Ho imparato molto da questo periodo difficile. Quando ti capita qualcosa di brutto tutti reagiamo in modo diverso. Ero scioccato all’inizio e ancor più quando vedevo il conto delle presenze: zero, zero, zero, sempre zero. E forse non ho reagito nel modo migliore, mi sono abbattuto.
Non riuscivamo a comunicare. Io non parlo italiano, lui con l’inglese non era a suo agio. Per la prima volta ho vissuto un’esperienza simile.
Se avessi avuto il dubbio di non essere abbastanza forte per giocare in questo club o in serie A avrei preso un’altra strada. Ma ho sempre creduto che il momento buono sarebbe arrivato. Ho fatto esperienza pure stando fuori: ho imparato a conoscere il campionato, ho capito l’importanza della componente fisica e della fase difensiva. Non bastano le capacità tecniche, so di dovermi completare.
È il passato, non credo sia utile tornarci sopra. Io non avevo problemi, l’unico era che non giocavo mai.
No, la stessa fame l’avevo l’anno scorso. Lavoro duro come ho sempre fatto, la differenza è che ora sono sano.
Mai. I compagni mi sono stati sempre vicino. Ogni giorno che arrivo qui sono felice di vederli, mi hanno sempre sostenuto, dei grandi.
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Un’esperienza mai fatta in vita mia. Io ero seduto in panchina, chiunque entrava segnava. Le partite stavano 0-0 e alla fine le vincevamo, mai vista una magia simile: qualsiasi cosa succedeva era positiva. Tutto era un successo, solo io stavo sempre in panchina.
Mi ha sorpreso, è una decisione che ho dovuto accettare. Da lì però ho tirato fuori il meglio, mi sono messo a lavorare duro e bene, sono contento di come l’ho gestita.
Sono sempre stato così: se ho una sfida non mollo. So quanto sono costato al Bologna e cosa si aspetta da me il club: devo ripagarlo. Però sì, sono fiero di come ho gestito il periodo difficile. Certo, ti fai delle domande e vieni assalito dai dubbi. Magari vai fortissimo in 49 club e al cinquantesimo non ti trovi, succede. Ci ho pensato: “magari non sono appropriato per il Bologna”, ma non è così, qui sto bene.
Non credo che la mia fase difensiva sia poi così male, però forse voi che mi vedete da fuori pensate che faccia schifo. Ok, non è la mia specialità e posso migliorarla.
Mi piace molto, come tecnico e persona. Sprizza energia da tutti i pori. È empatico, uno vero: se ha qualcosa viene e te lo dice. Parla molto, ti dà spiegazioni e riscontri.
Mi sento più a mio agio in questa posizione, tira fuori il meglio di me. Motta e Italiano chiedono agli esterni un lavoro molto diverso.
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Possiamo arrivarci, sì. Dopo un avvio difficile, ora ci siamo, come squadra intendo: siamo più consapevoli.
Senza la mia famiglia e i miei amici non avrei mai superato un periodo così duro. Va detto che al volante siete catastrofici, ma è bello vivere da voi. Io sto sui colli, Piazza Maggiore mi ha rubato un pezzo di cuore, ci vado spesso con il mio amico Holm.
Dalla Svezia sono stato convocato per anni, adesso non giocando non mi chiamano, mi manca molto.
Essere sano e riuscire ad allenarmi con regolarità: se ti alleni bene, fai bene in partita. Poi ci sono le eccezioni, come Orsolini: ha talmente tanto talento che può fare ciò che vuole, è bravissimo davvero, very very wild.
Fantastici, mi hanno sempre incoraggiato, anche per strada e non è qualcosa di dovuto. Voglio ripagarli, loro e tutti quanti. Io ci credo, sto qui e voglio rimanerci.
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