Un Europeo con la Nazionale Italiana nel 1999, tre Scudetti, quattro Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Eurolega e una Supercoppa italiana con la canotta della Virtus Bologna. Dopo una carriera memorabile come giocatore, Alessandro Abbio è tornato sotto le Due Torri come nuovo responsabile del settore giovanile delle Vnere per crescere giovani di talento e lanciarli nel mondo del basket. Lo abbiamo incontrato in esclusiva per Bologna Sport News.

 

Alessandro Abbio, come procede il tuo lavoro con le giovanili della Virtus Bologna?

“Sono molto contento del percorso che stiamo portando avanti. Stiamo lavorando bene, nonostante la situazione della pandemia e la crescita dei contagi destino preoccupazione. I ragazzi vanno a scuola, hanno contatti continui con altre persone, vivono giustamente la loro quotidianità. La possibilità di infettarsi, purtroppo, è dietro l’angolo. Per questo chiedo a tutti loro la massima attenzione, minibasket compreso”.

 

Cosa ti preoccupa maggiormente?

“La gente fa finta di niente o non ha ancora capito i rischi che può correre con comportamenti irresponsabili. E’ una questione di vita o di morte. Molti si aggrappano al concetto di libertà ma questo non c’entra assolutamente nulla: la mia libertà non deve ledere quella degli altri”. 

 

E, più nello specifico, nel tuo lavoro quotidiano?

“Innanzitutto voglio che le mie scelte vengano rispettate, non devo sentire qualcuno che mi chiede perché alleno con la mascherina. Inoltre i ragazzi devono stare attenti anche per questioni tecnico-sportive. Se qualcuno di loro va in quarantena mette in difficoltà tutto il gruppo: perdiamo uomini per gli allenamenti, siamo costretti ad effettuare controlli più accurati, le partite finiscono per essere rimandate. Ognuno di noi deve avere un comportamento adeguato per se stesso e per la comunità. Io personalmente ho prenotato la terza dose del vaccino, ho fiducia nella medicina”.

 

Tornando alle questioni di campo, com’è iniziata la tua nuova vita da allenatore?

“Quando ho smesso di giocare ho scelto immediatamente di allenare, non per forza ad alti livelli. Volevo crescere, un po’ come ho fatto nella mia carriera da giocatore, migliorando step by step. L’importante per me è seguire una attività, avere una passione che mi spinge ad andare in palestra ogni mattina”. 

 

Il settore giovanile delle Vnere ha una grande tradizione, da qui sono usciti molti campioni. Come stai vivendo questo nuovo ruolo in Virtus?

“Da professionista. Sono stato catapultato in questa nuova dimensione con sorpresa, stupore e tanta felicità. Quello che pensa la gente sulle mie doti da allenatore non mi interessa. Ci saranno sicuramente coach migliori di me, il mio obiettivo è trasmettere ai ragazzi quello che mi ha sempre stimolato quando giocavo. Fare tutto questo in Virtus per me è importantissimo. Non sento la pressione, ho un contratto e quando sarà terminato io e la società valuteremo con serenità il percorso svolto”. 

 

Le principali differenze tra giocare e allenare?

“Quando sei in campo ti governi da solo, mentre quando sei in panchina vedi altri giocare. Attraverso il lavoro settimanale in palestra l’allenatore deve forgiare gli uomini e prepararli a superare gli ostacoli. In panchina mi sento rinchiuso in una gabbia: solitamente capisco in anticipo cosa sta per capitare ed è bello percepire quando i nostri ragazzi sono preparati e quando non lo sono. Se riescono a superare una difficoltà è una soddisfazione e posso sviluppare nuove idee in allenamento. Il nostro sport è in continua evoluzione: è molto complicato, ma è proprio questo il bello, perché ogni giorno entri in palestra con più motivazioni”.

 

Il rapporto che si crea tra l’allenatore e il singolo giocatore è decisivo…

“Nella mia carriera ho avuto allenatori che mi hanno aiutato a diventare il miglior Alessandro Abbio possibile. Allo stesso tempo, però, anche il mio apporto da giocatore è stato fondamentale. Un allenatore può dare i migliori consigli ma se il singolo non riesce ad elaborarli (o non ha l’intelligenza di volerlo fare) non andrà da nessuna parte. So già cosa dire ai ragazzi ma spesso mi scontro con le loro vite quotidiane. Può accadere di tutto, è il ragazzo che deve diventare autonomo e gestire il suo privato senza che questo vada ad interferire con il basket. Il lavoro dell’allenatore è essenziale ed estremamente difficile, a volte deve essere uno psicologo. E’ bellissimo instaurare un rapporto con i ragazzi, ottenere la loro fiducia, gestire le relazioni con i genitori”.

 

E’ difficile rapportarsi con le famiglie?

“Dipende. Negli anni ho trovato genitori eccezionali, che hanno rispettato il mio ruolo e si sono messi a disposizione della società offrendo le proprie macchine per le trasferte e collaborando con il tavolo o alla redazione dei referti. Le famiglie dei ragazzi svolgono un ruolo fondamentale nella loro crescita sportiva, devono capire il confine da non oltrepassare. Molti, ad esempio, comprendono perché riprendo il figlio dopo un errore in campo. Altri invece tendono a proteggere eccessivamente i ragazzi, ma facendo così non li aiutano. Quando un allenatore rimprovera un giocatore lo fa per il suo bene, per farlo crescere. L’importante è che ci sia sempre il rispetto per il ragazzo, anche noi dello staff non dobbiamo oltrepassare il limite quando siamo innervositi. Io cerco sempre di non utilizzare parolacce, o almeno di mascherarle”. 

 

Quale messaggio cerchi di trasmettere ai tuoi giovani ogni giorno?

“Il senso del dovere. Quando qualcuno scende in campo con la maglia della Virtus non deve nascondersi dietro al glorioso stemma, deve giocare per onorare la Vnera. Quando gli avversari affrontano la Virtus cercano sempre di giocare la partita della vita e vendere cara la pelle. Nessuno deve giocare con sufficienza o portare in campo comportamenti maleducati. Me l’hanno insegnato a Bra quando avevo 16 anni, eravamo in D”. 

 

La vita privata dei giocatori per te è importante?

“Mi informo sul rendimento scolastico dei miei ragazzi, se ci sono insufficienze le famiglie possono comunicarcele e i figli saltano l’allenamento. Mio padre mi diceva sempre: - Senza il 6 in pagella non si gioca! -. Al tempo non ero molto d’accordo, poi ho capito l’importanza di questo ragionamento”.

 

Passando alla prima squadra, come ti sembra questa Virtus Bologna guidata da Sergio Scariolo?

“Mi convince. Ci sono state alcune sconfitte evitabili, ma può capitare quando affronti squadre come Tortona e Napoli. Queste realtà affrontano la patita contro i Campioni d’Italia come la battaglia della vita e lo scivolone è dietro l’angolo. Anche la storica Virtus del Grande Slam, nella quale giocavo, perse l’imbattibilità contro Trieste, non una delle migliori squadre di quel campionato”. 

 

Non sei mai stato allenato da Scariolo, ma lo hai sfidato diverse volte durante la tua carriera. Cosa pensi del suo arrivo in Virtus?

“Non sono certo io a dover parlare di Sergio e del suo immenso valore. Appena arrivato a Bologna abbiamo scherzato sul fatto che non ci siamo mai trovati a lavorare nella stessa squadra. In pochissimi in Italia possono vantare una carriera come la sua, anche se ci sono molti allenatori nostrani in rampa di lancio. Scariolo ha un grande passato ma sono sicuro che abbia tanta voglia di fare la differenza con la Virtus. La qualità dei suoi metodi in allenamento è sotto gli occhi di tutti”.

 

Gli impegni europei hanno influenzato il cammino della Segafredo in questi primi mesi?

“Negli ultimi anni le squadre che giocano coppe continentali sono costrette ad affrontare tante partite e viaggi faticosi. Tutto ciò può causare qualche debacle durante la stagione. Bisogna tenere botta, a maggior ragione dopo i tanti infortuni che Scariolo ha dovuto fronteggiare. In allenamento c’è serietà e una voglia di lavorare encomiabile. Serve pazienza, i risultati vanno analizzati alla fine”.

 

Come vedi l’Eurocup quest’anno?

“Il livello di questo torneo si è alzato decisamente rispetto all’anno scorso, del resto è una coppa che vale l’ammissione in Eurolega. Dopo la partita con Valencia ho sentito e letto commenti che mi hanno fatto sorridere. Molti non hanno mai giocato o allenato e non riescono a cogliere tutte le sfumature di questo sport. Solo vivere il basket quotidianamente ti consente di avere una concezione completa e chiara di quello che succede in campo”.

 

Da qualche anno la Virtus sta portando avanti il progetto della squadra femminile. Come valuti il percorso di questa realtà?

“Zanetti ha dimostrato una grande passione e un grande interesse verso la squadra femminile. In pochi anni è riuscito a fare bene, portando il gruppo nei primi posti della classifica e in Eurocup. Ci sono sicuramente cose da migliorare ma la prima esperienza europea è stata comunque significativa. Per fare la differenza serve crescere ancora, contro Carolo mi è sembrato di rivivere la sfida Davide contro Golia. Certamente non fa piacere perdere di 20 punti, ma Lardo è l’allenatore della Nazionale e ha uno staff di alto livello. Tutto è predisposto per crescere e fare bene, ma non è scontato”. 

 

In conclusione, quanto è bello per te ritrovare la Virtus Bologna ad alti livelli?

“L’anno scorso la sconfitta in Eurocup contro Kazan è servita per guardarsi in faccia ed affrontare al meglio Playoff. Ricorderemo il percorso trionfale che ci ha regalato lo Scudetto per tanto tempo. Mi fa piacere aver ritrovato anche tanto entusiasmo attorno alle Vnere: ho visto la gente a palazzo, le vendite degli abbonamenti, il divertimento del pubblico. Del resto con giocatori di questo livello sai già che durante la partita succederà qualcosa di stupefacente e memorabile, soprattutto dalle mani di Milos Teodosic. Non succede ovunque”.

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