Questa mattina sulle colonne dell’edizione odierna del Corriere di Bologna, sono presenti le parole di Marco De Marchi, ex difensore centrale rossoblù, il quale si è soffermato sulla grande stagione del Bologna e sul futuro di Thiago Motta. Di seguito le parole di De Marchi.
Similitudini forti, anche se oggi è un altro mondo. Comunque si, Motta lascerebbe Bologna con la Champions, Maifredi lasciò con la Coppa Uefa. Qualora Thiago se ne andasse posso solo augurargli di fare meglio di Gigi.
Se ragiono da tifoso mi dispiace pensare che i pezzi pregiati vadano altrove (inciso: Calafiori è molto molto più forte di me), compreso il tecnico. Bisogna però guardare oltre. Oggi è dimostrato che la guida tecnica, Giovanni Sartori, è cercato un po’ da tutti e che c’è una società invidiabile: dobbiamo avere fiducia, non si può ragionare di pancia. Indipendentemente da quello che succederà l’aspetto centrale è la programmazione societaria.
I club si possono sostenere solo così, le plusvalenze aiutano i bilanci, anche se la proprietà è forte come quella di Saputo. Sono tutti in difficoltà, non solo in Italia. Però non bisogna allarmarsi troppo: quando sono andati via Tomiyasu, Theate, Dominguez, Schouten sembrava il finimondo e non è successo niente: sono stati rimpiazzati alla grande.
Si, inutile ripeterlo. In questi sei anni la rosa è cambiata molto, sono sempre lì e i bilanci sono buoni. Il Bologna è diventato grande adesso, è all’inizio della scalata ranking e non ci si può piangere addosso per eventuali cessioni seppur gravose. Bisogna avere fiducia nella dirigenza che in tutti questi anni ha dimostrato grandi capacità.
Partiamo dal fatto che un altro Motta, per quello che ha fatto vedere, non esiste. Sono convinto, nel caso, che la società saprà individuare un allenatore con una strategia calcistica e una filosofia che porti avanti i risultati.
Una cosa è andare a lavorare dove ci sono le macerie, altro dove c’è un giardino simile all’Eden.
Che vada via, ma io spero tanto di no. In ogni caso è una cosa troppo soggettiva. Thiago poi è un tipo particolare, è impossibile mettersi nella sua testa. Pensa alle sue formazioni: non le indovina nessuno. Vista nei panni di un allenatore, ci sono tanti pro e tanti contro sia a restare sia ad andare. Le variabili sono infinite: è come tirare una monetina, che ha sempre due facce.
Alla Juve vinsi la Coppa Uefa con il Dortmund a maggio e a settembre ero a Leffe col Bologna in C, appena rinata con Gazzoni dopo il fallimento. Mi diedero del matto, ma poi c’è anche il cuore.
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