Nonostante l’addio di Thiago Motta e alcune rumors di mercato che inquietano diversi tifosi rossoblù, il Bologna continua a festeggiare l’incredibile traguardo della Champions League raggiunto al termine di una stagione fantastica per la quale nessuno si sarebbe aspettato un epilogo simile agli albori del campionato. Uno dei protagonisti indiscussi di questa cavalcata nonché grande rivelazione di questa squadra è sicuramente Joshua Zirkzee. L’attaccante olandese classe 2001 si è reso protagonista di un’annata disputata ad altissimi livelli, collezionando ben 11 reti e 4 assist giocando divinamente sia in fase offensiva sia in fase di costruzione, finendo sotto la lente di alcuni dei più importanti club europei per le sue grandi doti a livello tecnico. Ecco alcune dichiarazioni rilasciate dal giovane talento rossoblù in un’intervista presente sulle pagine dell’edizione odierna del Corriere di Bologna:
Non potrei essere più felice. È l’unica cosa che riesco a dire: fiero e felice.
Sono tanti, ma se mi costringe a sceglierne uno direi la settimana prima di Natale, quando abbiamo vinto contro Roma, Inter e Atalanta. È stato un momento cruciale della stagione. Dopo quella settimana abbiamo preso coscienza dei nostri mezzi e fatto il pieno di fiducia. Abbiamo iniziato a sognare, anzi no, sognare non è il termine giusto, abbiamo iniziato a realizzare che potevamo fare qualcosa di importante. Il miglior momento però è stato quando abbiamo battuto il Napoli, lì abbiamo capito che le chance di andare in Champions League erano altissime.
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Sono arrivato qui lasciando il Bayern Monaco. Ero entusiasta di venire al Bologna perché volevo giocare. Il campionato era di alto livello, mi volevo misurare. Il club aveva già una visione ben chiara di cosa voleva fare: competere per entrare in Europa. Nessuno però avrebbe mai potuto pensare che questa stagione potesse andare così. C’era l’idea di poter entrare in Europa, ma passo dopo passo, non direttamente in Champions. A un certo punto della stagione però ci siamo detti: “Chi se ne frega, andiamo in Champions. Se dobbiamo conquistarci l’Europa prendiamoci il premio più grosso”. La direzione del club è sempre stata quella, ma onestamente nessuno si aspetta di arrivarci così in fretta.
Sono un giocatore migliore, di sicuro. Una stagione così ti fa guadagnare molti punti, anche sotto il profilo dell’esperienza. Devo dividere tutto con i miei compagni, persone fantastiche, il gruppo è davanti a tutto. Se ho provato a diventare un leader lo devo a Lollo De Silvestri. È venuto da me e mi ha detto: “Hai le capacità per essere un leader”. Studiavo il suo comportamento, lui è il cuore della squadra. Abbiamo un gruppo giovane e affamato, tutti sono leader, a modo loro. A turno siamo stati tutti capitani, è la dimostrazione che quando siamo chiamati a guidare il gruppo siamo capaci di farlo. Non siamo individualisti.
Siamo una grande famiglia. Era l’ingrediente indispensabile per raggiungere un traguardo così prestigioso.
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In Italia giochiamo già contro squadre di Champions League. Ok, non conosciamo la competizione, ma il livello sì, perché la serie A è di alta qualità, difficile. Sarà una grande sfida, molto eccitante. Sognavo di giocarla fin da bambino, l’ho vinta con il Bayern Monaco, ma ora sarà eccitante giocarla, perché con il club tedesco è come se non l’avessi fatto. Adesso invece ci sarò io in campo a vivere il momento.
Per me sarebbe bellissimo difendere questo traguardo raggiunto insieme. Quello che abbiamo vissuto in piazza Maggiore è stato indimenticabile.
In questo momento la mia testa è solo a Bologna. Voglio recuperare dall’infortunio farmi delle belle vacanze negli States con i miei amici di infanzia e poi vedremo cosa succederà. Sceglierò ciò che è meglio per il club. Farò solo quello che ha senso per il mio cuore.
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Quando sono arrivato qui dall’Anderlecht venivo da una buona annata. La prima stagione a Bologna però non è stata come mi sarei aspettato. Tanti cambiamenti, una città nuova, davanti c’era Arnautovic. Avevo scelto di tornare con una missione: provare a me stesso e agli altri che ero un buon giocatore. E pure all’allenatore che l’anno scorso non mi aveva fatto giocare tanto.
Non ho avuto un colloquio personale con lui. Io e lui non parliamo tanto, quando lo faceva era soprattutto per tenermi sulla corda, sul pezzo. Quando è stata certa la qualificazione in Europa, ha fatto un discorso a tutti: “Bene adesso siamo qualificati, ma voi che volete fare?” E io gli ho risposto: “Meritiamo di andare in Champions League”. A quel punto siamo entrati come in un tunnel. Non ci ha voluto mettere addosso molta pressione, ma ci ha spiegato quel che dovevamo fare e quali partite dovevamo vincere: all’Olimpico con la Roma e a Napoli.
Grazie e gliel’ho già detto. Ha sempre dato a noi giocatori i meriti, ma tutto quello che abbiamo fatto è partito prima da lui.
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Contro i top team abbiamo giocato in modo fantastico. Sì oltre all’Inter ci siamo fermati solo contro la Fiorentina e il Milan, ma quella era la prima partita. Lazio, Atalanta e Roma battute due volte, davvero grandi.
Di certo è più semplice, ma il gol non è molto importante. Anzi mi correggo. Segnare è importante, di sicuro voglio farlo e mi piace, ma alla fine, soprattutto quando giochiamo in casa, vincere è quel che vale di più. Non dico così per caso. Ai miei numeri ci tengo, a fare gol anche, ma non sono un individualista, faccio parte di una squadra, quella è importante.
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Iniziamo col dire che per me i gol sono 12 e non 11: quello con il Sassuolo non me lo hanno dato ma è mio. Però davvero non ho idea per quale motivo mi viene più facile segnare fuori. L’ho chiesto pure io ai miei compagni. Dopo la vittoria all’Olimpico contro la Roma sono stato io a dire in spogliatoio: “Avete visto, ho fatto gol un’altra volta in trasferta, come con Lazio, Fiorentina, Atalanta, Salernitana”.
Sinceramente non lo so spiegare. Vincevamo 3-0 e io e Ferguson abbiamo deciso di scendere dalla tribuna in campo. Siccome Lewis sta recuperando dall’infortunio al ginocchio e cammina piano piano appoggiandosi a me, siamo arrivati sotto e stavamo 3-3. Non abbiamo visto neanche un gol della Juve. Ci siamo chiesti: “Ma che è successo?”
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In questa stagione il livello atletico è stato sempre molto alto. Spesso abbiamo cambiato interpreti, ma la mentalità è sempre stata la stessa. Non credo ci sia bisogno di aggiustamenti, l’unica cosa da fare è ripeterci. Sappiamo non sarà facile, ma pure quello che siamo in grado di fare quando siamo insieme e stiamo focalizzati sul lavoro da fare. Noi lo sapevamo che arrivare in Champions League era difficile, ma possibile. Dobbiamo essere pronti, reattivi mentalmente, crederci sempre e il resto viene col tempo.
Posso dire solo grazie, la Champions League è un traguardo che loro si sono meritati per primi per tutto l’affetto che ci hanno dato e noi lo abbiamo sentito dentro e fatto nostro.
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