Nonostante il presente del Bologna sia splendente e il futuro lasci presagire qualcosa di magico, spesso è giusto anche rituffarsi nel passato.
Questa mattina, La Gazzetta dello Sport ha pubblicato un’intervista a Renzo Ulivieri, storico allenatore di Serie A, con un passato anche a Bologna.
Si è seduto sulla panchina rossoblù dal 1994 al 1998 e poi ancora dal 2005 al 2007.
Oggi ricopre il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana Allenatori Calcio e direttore della scuola allenatori della FIGC.
Ha avuto modo di raccontare diversi aneddoti sulla sua carriera: ecco alcune delle risposte.
Giochicchiavo, ero difensore: ma andavo a due all’ora. Ero un ragazzo quando alla Fiorentina arrivò Hidegkuti, il campione ungherese. Gli stavo sempre appresso, lo studiavo: volevo sapere tutto, avevo già capito il mio destino.
Tra gli argomenti più interessanti, ecco quello relativo a Baggio ai tempi del Bologna, quando scelse di tenerlo in panchina in quella sfida contro la Juventus.
Ma va, figurati. Pensavo: il primo tempo giochiamo in un certo modo, poi nella ripresa faccio entrare Robi. Ma lui scatenò quel casino. Venne da me e dal presidente Gazzoni e ci annunciò: “Vado a casa”. E abbandonò il ritiro. Gazzoni, geniale, gli rispose: “Per me ha ragione Ulivieri, ma io sto con lei Roberto”. Quella sera mi sgridò anche la mi’ mamma. Mi accolse così: “Ma come, lasci fuori Baggio?
Il giorno della promozione del Bologna in A, quando battiamo il Chievo. E tutto lo stadio urla: “Togliti togliti togliti il cappotto/Ulivieri togliti il cappotto”.
Sono a Parma, vinciamo 1-0 a Vicenza con mezzo tiro in porta. Buffon para tutto, Di Vaio si inventa il gol. E io penso che quella partita l’abbiamo rubata e non riesco a farmela andare giù. Però mi viene in soccorso Socrates. Disse che il calcio è lo sport più marxista e gramsciano di tutti, perché una volta può capitare che il più debole batta il più forte: che bello.
Legati al calcio ne ho due. Il primo: non aver fatto debuttare in A Giovannino Bosi, un ragazzo d’oro che stava con me a Bologna in B. Il secondo: non aver capito Morfeo. Ero al Cagliari e dissi che si poteva cedere. Lui andò a Verona e fece il fenomeno. Qualche tempo dopo incrocio Prandelli. E gli faccio: ma come hai fatto a far giocare così bene Morfeo? E lui: “Renzo, perché ho usato un sistema di gioco che tu non conosci, il 10+1”. Vabbè, gli metto una mano sulla spalla e gli fo’: “Cesare fermati qua, se no mi spieghi anche il 9+2”.
Mi vedo morto (ride). Sono stato 4 mesi in ospedale, due a casa, mi hanno operato tre volte all’intestino, ho perso più di 10 chili. Pensavo davvero che fosse finita. Penso spesso alla morte. Intendiamoci, a chiamarla sorella morte non ci sono ancora arrivato (ride).
Sono impegnato nel calcio camminato. Mentre il bambino si allena, a suo padre o sua madre proponiamo il calcio camminato. Non riguarda solo la salute fisica, è una questione sociale.
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