Le parole dell’esterno rossoblù sulle richieste di Italiano, gli obiettivi, la crescita dell’ultimo periodo e il sogno scudetto
La stagione del Bologna è iniziata sulla falsa riga di quella precedente: ritmo, intensità, qualità e soprattutto risultati. Tutto questo è stato possibile anche al cambio di passo di Nicolò Cambiaghi, chiamato in estate al salto di qualità per poter raccogliere la pesante eredità di Dan Ndoye, sbarcato in estate in Premier League.
L’esterno rossoblù si è raccontato in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, in cui ha affrontato diversi temi, tra cui la crescita di squadra, l’importanza di Italiano e il sogno scudetto. Andiamo di seguito a riportare le parti salienti.
Le parole di Cambiaghi sulla crescita di squadra
Il numero 28 esordisce parlando della forza del gruppo e la crescita mostrata nonostante gli infortuni: “Il livello che abbiamo raggiunto è alto. Grazie all’esperienza del gruppo ma anche alle rotazioni: è vero che fra me, Freuler, Skorupksi, Holm e Rowe gli infortunati non sono pochi, ma la gente per tenere alto quel livello c’è e ci sa fare. Compreso Dominguez”.
Poi prosegue: “La nostra forza più grande? Ciò che si vede: siamo uniti e ci vogliamo bene, c’è davvero una coesione quasi familiare. Prendete quando è entrato Pessina contro il Napoli: magari lui aveva le orecchie tappate dalla tensione del debutto, ma ognuno di noi gli ha detto qualcosa per stemperare il momento. In campo? Giochiamo un calcio che diverte, intensità alta, tutto alla ricerca del risultato, sempre e con tutti. Se ci divertiamo anche noi? Molto. E le cose vanno pure meglio”.

Sul gruppo: “Anche a Empoli avevamo uno spogliatoio bello. Ma questo è speciale”
Sui due minuti disputati in azzurro contro Israele: “Non ho toccato palla ma non importa. Ero felice e concentrato. Mi sono ripetuto ‘E’ tutto vero Nic’. Italiano mi ha detto: ‘Avrei pagato per poter vivere un’emozione.’ Anche a lui devo qualcosa”
Le parole di Cambiaghi su Sartori e Italiano
Cambiaghi prosegue parlando di Sartori e Italiano: “Iniziai con mio fratello gemello a giocare a 5 anni, nella Dipo, ma lui era meno appassionato di me. Così andai alla Vimercatese e Favini mi prese all’Atalanta: sì, Sartori mi ha visto crescere e mi ha voluto qui assieme a Italiano. Se mi è dispiaciuto non esordire alla Dea? Lì ho vinto due scudetti e una Supercoppa a livello giovanile: l’esordio l’avrei sognato ma senza l’Atalanta oggi non sarei qui. Italiano? Mi ha voluto, atteso e migliorato. Dal minuto uno ho sempre pensato che il suo gioco facesse per me. Poi l’anno scorso mi ruppi il ginocchio e non è stato facile: ma mi ha insegnato anche ad attaccare meglio la porta”.
Sulla crescita e il metodo Ndoye post allenamento: “Le faccio anche io le esercitazioni sì…Italiano mi dà tranquillità, sa farci esprimere al meglio, dice che noi dobbiamo essere non solo ali ma veri attaccanti e che se non facciamo gol noi si fa dura”
Sul sogno scudetto: “Nooo dai (sorride, ndr). Troppo…Oh, poi se arriva lo prendo. Il calcio è strano…”
Infine chiosa sulla Champions League: “Cosa mi manca dopo la maglia azzurra? La Champions. L’anno scorso non entrai in lista per il brutto infortunio al ginocchio: vorrei tornarci, conoscerla, canticchiare quella canzoncina…”





